Una visita guidata sulle montagne fra Vicenza e Trento vale più di una lezione di storia a scuola. Ne parliamo con Alberto Bosa, guida alpina sul Pasubio.
Questi sono gli anni del Centenario della Grande Guerra (1915-1918), in cui le Prealpi e gli altipiani fra Vicenza e Trento erano il confine tra il Regno d’Italia e l’Impero Austro-Ungarico, e per questo furono teatro di scontri durissimi. Montagne bellissime, oggi regolarmente frequentate dagli escursionisti, ma anche museo a cielo aperto dove ogni pietra racconta un pezzo di storia. Essere una guida alpina in queste zone è un lavoro di tutela della memoria, da fare soprattutto con i bambini: ce lo spiega Alberto Bosa, 28 anni, biologo e guida alpina sul Pasubio.
Qual è l’età giusta per coinvolgere i bambini in una visita guidata in montagna?
Dai 10 ai 17 anni: quando i bambini sono più piccoli difficilmente riescono a seguirti, sia fisicamente che nell’attenzione. Man mano che diventano grandi, poi, ormai sono dei ragazzi e ragionano più come adulti. In un certo senso, infatti, i bambini sono quelli che danno più soddisfazione perché curiosi per natura, l’adulto invece deve essere interessato di suo all’argomento.
Montagna è sinonimo di fatica. Queste montagne sono sinonimo di storia. Due elementi che agli occhi di un bambino possono sembrare noiosi: come si cattura l’attenzione dei più piccoli?
Si costruiscono itinerari pensati ad hoc per i bambini: sentieri non troppo impegnativi, una camminata della giusta durata e frequenti soste per delle spiegazioni, che consentono di riprendere fiato. I bambini poi hanno due caratteristiche fondamentali: sentono meno la fatica, anche quando si lamentano, e hanno bisogno di “distrazioni“ per mantenere l’attenzione. La distrazione preferita è in assoluto vedere gli animali, si dimenticano immediatamente di essere un po’ stanchi: sul Pasubio si incontrano camosci e marmotte, per esempio. Anche entrare nelle gallerie scavate da italiani e austriaci li entusiasma molto.
Quali domande si sente fare più spesso?
La prima della lista è come vivevano i soldati?. E dopo aver visitato un po’ di gallerie, soprattutto quelle più anguste dove è difficile muoversi, magari quando le condizioni atmosferiche non sono delle migliori, arriva spesso un’altra domanda, che mette un po’ in imbarazzo: Come hanno fatto a resistere 2-3 anni?!.
è impossibile che i bambini di oggi abbiano fra i loro famigliari dei testimoni della Prima Guerra Mondiale. Che valore ha, quindi, il suo lavoro? Come tornano a valle i bambini?
Li vedo ripartire sempre molto contenti, perché hanno avuto l’occasione di affrontare l’argomento della Grande Guerra in modo nuovo e dinamico, non in un’ora a scuola seduti ai banchi. Passeggiando sui luoghi di combattimento, entrando nelle gallerie dove vivevano i soldati, vedendo dove venivano posizionati i cannoni riescono a immaginare cosa siano stati quegli anni. E si rendono perfettamente conto dell’immane tragedia che è stata.
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